Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio

Interview with Tommaso Vittorini (the dawning)

Una sera a cena con Tommaso Vittorini, vent'anni dopo

Le frasi riportate tra virgolette e scritte in corsivo sono state registrate nel corso di una conversazione informale, durante una cena, e andrebbero quindi integrate con i toni spesso ironici o apocalittici o sentimentali del narratore e inserite in una conversazione che non riesce ad essere lineare e concentrata sulla Banda, ma durante la quale si parla di Nicolini e di Cossiga, del divieto di manifestare e dell'imbarazzo della polizia nel giudicare il corteo della banda un assembramento o meno. Si parla anche delle "istruzioni formali" (vale a dire di quelle esercitazioni che si svolgono durante il servizio militare per imparare a marciare), che la banda tentava all'interno del Mattatoio di Testaccio con ordini impartiti attraverso un megafono con su scritto "Potere Operaio". Si parla delle sfilate nei quartieri a sostegno d'iniziative dei vari comitati, dei blindati della polizia, si parla ancora della sfilata nei viali semideserti del S. Maria della Pietà con ancora la gente dentro gli steccati.

Spesso, quando si ricorda qualche persona o qualche cosa che si è amata, si scivola dolcemente nella mitizzazione.

Sarà perché Tommaso Vittorini, che inventò la Banda di Testaccio, quella banda la amò davvero, sarà che i musicisti che la componevano erano straordinari, ma nei suoi ricordi la nascita della Banda quasi coincide con la sua prima esibizione in pubblico, senza prove.

"Era il 1977, febbraio, una settimana dopo la nascita, la B. partecipa alla manifestazione contro l'installazione della centrale nucleare a Montalto di Castro. In quello stesso periodo fu occupata l'Università e la Banda veniva chiamata in continuazione. Non andò mai all'Università, ma andò al S. Maria della Pietà e suonò in diverse altre circostanze".

Il S. Maria della Pietà era il vecchio manicomio di Roma dove cominciavano a prendere piede le esperienze d'apertura al territorio ispirate alla psichiatria di Franco Basaglia e "le altre circostanze" Vittorini non le ricorda con precisione ma le ritiene tutte legate alla particolare situazione politica e culturale che si viveva a Roma in quegli anni. E che la Banda viveva dall'interno. Anche le modalità per decidere dove e come intervenire erano un prodotto inevitabile di quel tempo: "...per alzata di mano su tutto. Democrazia assembleare totale, bolscevica. Se fosse arrivato uno che avesse detto "abbiamo deciso...." sarebbe stato cacciato. Chi voleva un intervento della banda doveva presentarsi di persona a proporlo a tutti"

Tra i musicisti c'era un'identità al di là del fatto strettamente musicale? Si è parlato di una Banda Musicale Militante. Si era discusso di questo? Per Vittorini: "era dato per scontato. Anche la Scuola Popolare di Musica di Testaccio era un edificio occupato dove si insegnava musica volontariamente."

Ma quale è stata, all'origine, la spinta a formare una banda?

"C'è un minimo di autobiografia nella premessa. Avevo il problema del servizio militare e c'erano stati altri musicisti della stessa area (Bartoletti, Mastrangelo), che avevano "svoltato" entrando nella Banda della Finanza. C'era una sorta di gentlemen's agreemet che offriva la possibilità, a strumentisti qualificati, di prestare il servizio militare nella banda militare senza necessariamente rispettare i tre anni di firma e congedarsi subito dopo il periodo normale di ferma. Sennonché ... a parte che la musica bandistica, come succede a tanti ragazzini, mi aveva sempre emozionato molto... il primo giorno che mi sono trovato li in prova, col saxofono... iniziare a suonare, al centro del semicerchio... avevo un ascolto totalmente stereofonico... sono stato "impallinato" dal suono. E' stata un'emozione tale che ho detto: "no"... e sono rimasto anche due mesi più del necessario. Non sopportavo la vita militare, ma la banda era un'altra cosa, in più era anche una bella banda."

"Contemporaneamente alla fine del servizio militare è stata inaugurata la scuola... cioè aperta, pitturata... in qualche modo funzionava... con le lampade a gas. Dopo pochissimo mi è venuta l'idea della banda. C'era anche una sollecitazione esterna: si cercava di trovare le situazioni che potessero assemblare le diverse classi e far suonare insieme g li allievi della scuola. Non esistevano i "laboratori" come gli attuali perché' non c'era proprio il materiale, cioè un minimo di qualità musicale. C'era l'orchestra aperta e nell'orchestra aperta questo non era necessario: chiunque possedesse uno strumento poteva partecipare perché' in pratica si facevano note lunghe, dinamiche... Bruno (Tommaso) sollevava le braccia e tutti facevano uuuuUUUUU....."

"Non c'era una vera cosa che suonasse... che potesse tra l'altro andare in giro promuovendo le iniziative della scuola, perciò mi venne quest'idea della banda."

"All'inizio era un macello: 40 flauti dolci e tra questi militavano tanti che normalmente suonavano altri strumenti. C'era Franco Piersanti che era compositore, diplomato in contrabbasso, adesso fa il musicista da film, che stava disciplinatissimo a suonare il flauto dolce stonando come tutti gli altri e insieme a tanti pianisti, anche loro al flauto dolce o alle percussioni. Quindi insegnanti e studenti insieme, come per il coro dove la componente di insegnanti era altissima, era tutta gente che non aveva mai fatto esperienza di coro e ne approfittava per divertirsi. C'era uno scambio: davano una mano perché leggevano correttamente gli spartiti e imparavano le tecniche corali."

"Ma la banda non fu un laboratorio, no, la banda più che un laboratorio pretendeva di essere già una piccola istituzione. Il primo problema da affrontare era il repertorio... cosa facciamo fare... con questi strumenti. La primissima cosa fu "Bourbon Street Parade" o, forse, "Festa delle Rocce". Era in repertorio della banda della Finanza, l'avevo pescata da lì, era una marcia ottocentesca, come la vecchia "Marcia d'Ordinanza". Avevo arrangiato quelle che avevo meglio nelle orecchie perché andare a cercare musica bandistica per un organico che non esisteva era abbastanza fasullo...tutto quello che si faceva doveva essere scritto appositamente: niente tuba, niente flicorni, pochi clarinetti, una marea di flauti, una marea di flauti dolci, pochi saxofoni, trombe due. Non si poteva comprare qualcosa, se si voleva fare il repertorio bandistico classico bisognava riscriverlo. Quindi le prime cose furono quelle che avevo suonato per due anni e che conoscevo meglio."

"In seguito ci fu anche un contrabbasso a corde, ma fu nel 1981. Nel 1977 si prevedeva solo una banda itinerante... non sapevamo bene cosa fare una volta a terra (fermi). Poi per suonare da fermi si fece una fantasia di pezzi dei Beatles, poi West Side Story, buttato immediatamente perché' troppo difficile da suonare, poi due o tre ballades. Poi ci fu Bess... El Trio y el Ciclon (‘81), Indiana (‘81)..Washington Post (‘81) perché si poteva affrontare solo con i tromboni, Paris Canaille (‘81)..."

La prima edizione della Banda durò solo per il 1977: poi Vittorini lasciò la scuola. Stagione breve, si dirà, ma intensa e gloriosa dato che venne vissuta in sintonia con i movimenti sociali e politici che agitavano Roma in quell'anno. L'esperienza venne ripresa nel 1981 senza sostanziali cambiamenti nell'impostazione musicale e organizzativa, ma non mancarono episodi notevoli, come quello che vide la Banda incidere la colonna sonora di un film o come quello, veramente da culto, che ebbe per protagonista Leo Ferré. Nel marzo 1981 si seppe che Leo Ferré sarebbe giunto a Roma per un concerto al Teatro Olimpico: La Banda, riunita in assemblea per decidere il tributo degno per lo chansonnier, lo vuole accogliere all'aeroporto, poi lo raggiunge in uno studio televisivo, si apposta nei bagni e mentre sono in corso le riprese insieme a Renzo Arbore e ad altri, irrompe e comincia a suonare "Paris Canaille" che era stata arrangiata apposta da Vittorini. Leo Ferré, col mento tremante per la commozione, si avvicina: baci, abbracci, volano dichiarazioni di stima e simpatia artistica e politica. Poi tutti all'Olimpico.

A vent'anni di distanza quasi tutti i brani che Vittorini arrangiò per far partire la banda servono ancora per mandarla avanti. Il loro valore didattico è notevolissimo: sono arrangiamenti magistrali, costruiti in funzione dello scarso e non eccezionale materiale a disposizione e che all'ascolto non risentono di queste carenze ma producono un effetto gradevole e originale. I primi strumentisti della banda non furono selezionati, l'accesso era libero a tutti gli allievi e, al di là di quello che sostiene con molta modestia Vittorini "l'obiettivo era riuscire a formarla, la banda, e quindi si chiudeva un occhio sulla qualità degli esecutori", il vero obiettivo era quello di far suonare insieme insegnanti, bravi strumentisti e volenterosi dilettanti riuscendo a migliorarli e a divertirli e tutto senza offendere le orecchie del pubblico.

Un tipico esempio di quella didattica innovativa che caratterizzerà e renderà famosa la Scuola Popolare di Musica di Testaccio negli anni a seguire.

 

Bruno Caracciolo, 13 dicembre 1994