Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio

Intervista a Silverio Cortesi (dal 1986 ad oggi)

Quando eri ragazzo hai suonato in una banda?
No, non ho neanche una esperienza giovanile di banda, questa è la prima.
Quali sono state le tue esperienze musicali?
La mia formazione musicale è comunque avvenuta in grandi organici, gruppi di 12, 16 persone. Non ho mai suonato in piccoli organici, non ho mai avuto un quartetto, per esempio.
E quali sono i grandi organici in cui hai suonato?
Fammi ricordare. Nel 1974 nella Folk Magic Band, nel 1977 nel gruppo che poi si è progressivamente trasformato nella Grande Orchestra da Ballo 3 o 4 anni dopo la sua nascita, nel 1982 nei Radio Boys che poi non era altro chela rifondazione della vecchia Orchestra da Ballo. Nello stesso periodo, nel 1981, 82 nella Big Band di Bruno Biriaco organizzata dal St. Louis, quando hanno cominciato a fare i soldi sono andato via, naturalmente. Infine, nel Lab 2 per due anni e altre esperienze come l'orchestra del Campus di Latina organizzata dal Ole Jorgensen.
Quando è nata l'idea della banda?
Nell'inverno del 1986, stavo in pullman tornando da Amburgo dove avevamo cantato il Requiem di Giovanna Marini, siamo passati vicino al filo spinato che divideva la Germania est e ovest e mi è venuto in mente di mettere su una banda con il materiale esistente.
Cioè?
Con gli arrangiamenti dei maestri precedenti, ce n'erano 18 o 19 arrangiamenti di Marco Tiso, 16, 17 di Stefano Pogelli e circa 12 di Tommaso Vittorini.
Perchè proprio con quel materiale?
Mi sembrava una sciocchezza non utilizzare un patrimonio manoscritto pensato per un organico specifico.
E non ti sentivi un po' in colpa?
Sì, per un periodo mi sentivo un po' in colpa: mi stavo impossessando di un tesoro che gli altri avevano abbandonato.
Perciò all'inizio ti sei trovato il lavoro già fatto?
Ho dovuto lavorarci molto: ho raccolto tutto il materiale, le partiture e le parti che stavano sparse qua e là, l'ho ripassato tutto, ho corretto una serie di errori, ho fatto un lavoro di collazione, di recupero.
E l'organico?
L'ho copiato pari, pari da quello precedente.
In pratica, come ti sei mosso?
In quel periodo si occupava del servizio stampa Giuppi Paone che ha fatto uscire sulla Repubblica un articolo di 3 o 4 colonne che è servito come lancio pubblicitario.
Ma come hai reclutato i bandisti?
Il ragionamento che ho fatto era questo: in un paese di 3 mila abitanti c'è una banda di 30 persone, a Roma ci sono 4 milioni di abitanti, dovrebbero venire almeno 40 mila persone. Naturalmente era un ragionamento a cazzo.
Inoltre, quanta gente c'è a Roma che ha vissuto in paese fino a 30 anni e poi è venuta a Roma per lavorare come bidello o come impiegato e che ha messo il bassotuba o il bombardino nell'armadio e che ha voglia di fare una suonata?
Si è dimostrato giusto il tuo ragionamento?
Beh, in parte direi di sì. Attualmente più della metà dei bandisti non proviene dal vivaio della Scuola. Molti hanno fatto il percorso inverso, dalla banda ai corsi della scuola.
Chi, ad esempio?
Tommaso Priori, Renata Comandini, Amedeo Frapparelli.
E i "bandisti di paese"?
All'inizio sono venuti, ce n'erano 7 o 8, però non hanno resistito, tranne Pierino La Marra.
Secondo te, per quale motivo?
Mah, un po' per il repertorio, avevano in mente le marce; alcuni, forse, non concepivano di non essere pagati e invece dover pagare la quota e poi, comunque, il clima diverso, nonostante le intenzioni non è stata mai una banda tradizionale.
Quali sono stati i primi pezzi suonati dalla tua banda?
Ho cominciato con i pezzi di Vittorini: Paris Canaille, Festa delle Rocce..., e quelli che sono i classici della Banda SPMT.
Perché?
Perché sono pezzi che funzionano, facili, belli.
Gli altri?
Quelli di Tiso sono più raffinati ma una minima carenza di organico li mette in crisi perché ci sono parti per strumenti solisti. Quelli di Pogelli invece sono delle vere e proprie riorchestrazioni.
Scusa, torniamo indietro. Che caratteristiche dovevano avere gli "aspiranti " per entrare nella banda?
Sai, per me è stata importante la definizione che Stefano Pogelli dava della Grande Orchestra da Ballo che per un periodo di tempo ha suonato per mezza Italia: "sicuramente non è la migliore orchestra del Lazio ma sicuramente è la più rumorosa". Io volevo avere un gruppo grosso, non mi interessava che fosse eccezionale, mi interessava che facesse casino musicale, quindi non cercavo la professionalità ma la voglia di suonare. Anche se mettevano una stecca, andava bene lo stesso, purché non si demoralizzassero. Infatti, la Banda inizialmente era formata da amatori che lo strumento lo tiravano fuori una volta alla settimana. Ora la situazione è cambiata, ci sono una quindicina di ragazzi che studiano.
E nell'ambito della scuola?
A scuola vigeva una regola: chi voleva fare una cosa la faceva a suo rischio e pericolo e basta; ed io sono stato forse uno degli ultimi che c'è riuscito, naturalmente dandomi la disponibilità di spazi, di orari ed economica. Lanciai l'idea e naturalmente, ebbi un ferreo oppositore in Massimo Monti. Ricordo che quando mi venne in mente stavamo sull'autobus ed ero seduto accanto a lui e fu il primo a cui lo dissi.
Ti ha fatto opposizione perché lui è sempre bastian contrario o perché era realmente scettico?
No, così...
Comunque, nel complesso, all'inizio non è stato un gruppo che ha goduto di tanti vantaggi. Per me era ormai un fatto personale, nel direttivo io portavo sempre l'argomento banda e Massimo Monti e Aurelio Tontini erano contrarissimi, mi toglievano sempre la parola e quando cominciavo a parlare mi facevano ostruzione. Mentre un appoggio forte l'ho avuto da Antonella Telamonti che ci ha sempre creduto e l'ha sempre appoggiata.
Ma perché tutta questa ostruzione? Forse perché era un gruppo aperto a tutta la città e non solo interno alla scuola?
No, anzi... da questo punto di vista era sentita come il " fiore all'occhiello " della scuola nei confronti della cittadinanza.
E allora?
Forse perché avevano visto crollare le bande precedenti che erano di grande qualità, forse perché non avevano fiducia in me...
Quando vi siete riuniti per la prima volta?
Il 6 dicembre 1986, era l'appuntamento per tutti quelli che avevano letto l'articolo sul giornale, i manifesti e le locandine sulla strada.
Quanti eravate?
Non me lo ricordo ma il numero era cospicuo ed è andato aumentando.
Quando avete fatto la prima suonata?
La prima suonata l'abbiamo fatta a febbraio 1987, per l'Enaoli, la cooperativa per l'handicap che doveva raccoglierei fondi per comperare un furgoncino attrezzato per il trasporto degli handicappati. Abbiamo suonato i pochissimi pezzi che avevamo in repertorio.
Ti ricordi se già a quei tempi si poneva il problema di quando andare a suonare?
No, no. La voglia di andare a suonare era tanta.
Ti ricordi qual è stato il primo concerto pagato?
No

 

Insieme ricostruiamo che forse il primo concerto pagato è stato quello a Piazza Navona il 30 novembre 1988 per l'inaugurazione dell'Anno mondiale della sanità per il Circolo Culturale Mario Mieli.
Abbiamo poi ricordato i concerti a Nemi, la prima volta con il coro nel 1987, già suonavamo l'Inno dei Malfattori, O Venezia, Addio Lugano, poi gli anni successivi alla Sagra delle fragole, la prima volta senza divisa, l'anno dopo con i gilet e la paglietta, forse proprio per quella occasione abbiamo comperato le divise perché senza non ci volevano. Suonavamo camminando su e giù per il paese "Festa delle Rocce" mentre le ragazze in costume ballavano; forse sempre per quella occasione abbiamo fatto le prove di marcia al Campo Boario...

Silverio ricorda che:

 

Una delle prime uscite di questa banda è stata per andare a fare una serenata a Piazza Caduti della Montagnola con Maurizio Cetrini che cantava " I' te vurria vasà" perché la banda precedente ne aveva fatte un paio e così si è cominciata a spargere la voce che la banda faceva le serenate.
Chi scrisse l'arrangiamento di I' te vurria vasà?
Io
Poi scrivesti le cose per la RAI
Sì, il Minicanzoniere. E poi i due pezzi di San Valentino. La prima volta che siamo andati alla Rai successe una cosa bellissima che voglio raccontare.
Provammo per 3 o 4 mesi il pezzo da portare alla Rai, il Minicanzoniere. Fu un lavoro molto impegnativo, sembrava non se ne uscisse più. Poi per motivi vari la data fu rinviata diverse volte, quindi l'attesa fu grande. Quando finalmente arrivammo, i tecnici dissero che Daniele Tittarelli e Serena Cataldi non potevano salire sul palcoscenico perché erano minorenni e non c'era il nulla osta dell'Ispettorato del lavoro. I ragazzi si misero a piangere. Venne da me Simona Marchini che mi disse di suonare senza i ragazzi. Le risposi che non era assolutamente possibile e che piuttosto non saremmo andati in scena. Ma anche questo non era possibile, eravamo in scaletta ed eravamo previsti dopo pochi minuti. Telefonai allora ad una persona che conoscevo nel Consiglio di Amministrazione della Rai. Non si prese la responsabilità e mi dette, comunque, un numero telefonico dicendomi che era del dott. Manca. Io ignorante come una capra telefonai. Mi rispose la segretaria, esposi il problema parlai con il dott. Manca. Dopo cinque minuti tutti scattavano sull'attenti quando passavamo . Naturalmente andammo tutti in scena. Non sapevo che Manca fosse il direttore della Rai.
Scusa, prima hai detto che hai sfruttato i manoscritti dei maestri precedenti e che addirittura ti sentivi in colpa , ma mi sembra che hai cominciato con quelli ma hai anche iniziato subito ad arrangiare dei pezzi per la banda: I' te varria vasà, il Minicanzoniere, Nemi Nostro, San Valentino, e questo già nei primi due anni.
Sì, sì è vero.
Cambiamo argomento.
Ci sembra di poter individuare due tipi di "attività concertistiche" della banda, quelle di "volontariato", in cui prevale il desiderio di stare insieme e di "fare un servizio" come ad esempio il concerto per l'Enaoli, e quelle "commissionate" il cui risultato è di immagine, come il concerto alla Rai. Tu come senti l'umore della banda in queste due diverse situazioni?
In ogni caso di grande entusiasmo, la voglia di suonare c'è sempre stata. Se è una delle caratteristiche della banda quella di fare "i servizi", di suonare nelle piazze, questa è, da questo punto di vista, una vera banda: la disponibilità, il livello di partecipazione è altissimo, magari non c'è l'organico ma il grado di adesione è sempre molto alto. Lo stesso vale per" i concerti commissionati". Prima di quelle occasioni tutti vengono alle prove, studiano i pezzi nuovi; il fatto di avere delle scadenze mi rende nervoso e un po' nevrotico perché voglio fare bella figura ma fanno bene alla banda. Ha ragione Pierino quando dice che bisognerebbe fare un concerto al mese.
Se tu ripensi alla storia della tua banda, la vedi come un tutt'uno che si è andato man mano modificando o ne individui delle tappe?
Individuo chiaramente tre periodi. Il primo, quello di tiraggio, la formazione dell'organico, il consolidamento di 10, 12 pezzi di repertorio. Questo periodo per me è stato un periodo di grande entusiasmo, ma anche di grande dispendio di energie fisiche. Per dire, quando dirigevo Bess you is my woman now mi facevo male alle braccia e alle spalle. E questo periodo è durato 2 o 3 anni. Il secondo da parte mia è iniziato con un periodo di stanca, ho lavorato moltissimo per arrangiare nuovi pezzi, preparare le parti, organizzare i concerti, ho avuto una crisi di "pogellite acuta", ero esaurito, ma nel frattempo ci siamo autoorganizzati, abbiamo cominciato a distribuire qualche compito, e sono stato sollevato da una serie di incarichi, autoorganizzazione che ha portato alla costituzione dell'Associazione nel 1990 e penso che, se non avessi avuto allora la collaborazione di Giulio, non saremmo andati avanti. Inoltre quell'anno la Banda ha guadagnato 20 milioni, abbiamo comperato il bassotuba, le divise, abbiamo fatto la gita a Morro d'Alba, abbiamo trovato una serie di diversivi, per cui è diventato piacevole, una serie di cose che alla fin fine mi hanno gratificato. E' stato questo il periodo della grossa coesione tra i bandisti. Il terzo periodo è quello attuale, in cui stiamo provando a dividere anche la direzione artistica con Claudio...
Questa è cronaca, a noi interessa la storia. Uno dei motivi che ci ha spinto a fare questo lavoro di ricerca, di studio sulla banda è che abbiamo l'impressione che abbia delle caratteristiche non solo musicali ma sociali non comuni ad altri gruppi anche della scuola che "attraggono" o che "respingono". Ci sono persone che desiderano entrare nella banda e fanno file di attesa di anni sperando che si liberi un posto e ci sono persone che vengono, assistono a qualche prova e poi spariscono. Una delle caratteristiche che noi abbiamo individuato è l'indubbia coesione che c'è tra la maggior parte dei bandisti, l'altra è il livello culturale, che è piuttosto alto. Sei d'accordo?
Sì, senz'altro, rispetto a qualunque altro organico
Comunque, io questo problema non lo sento mi ci fate pensare ora voi ma non ritengo che la coesione ed anche il livello culturale possa essere visto come un respingente neppure peri bandisti di paese. I motivi per cui se ne sono andati io penso siano diversi: abitudini diverse, nelle bande di paese, ad esempio, dopo aver suonato si mangia tutti insieme, c'è il banchetto; il fatto di non fare i servizi religiosi, di non marciare, di non avere una divisa molto tradizionale, il repertorio non proprio tipico da banda, oppure non gli piaceva come dirigeva il Maestro......

 

Bruno Caracciolo, 4 novembre 1994