Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio
Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio
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Lettera di Tommaso Vittorini

Lettera di Tommaso Vittorini a Luigi Ansanelli

in occasione del seminario del 25 Ottobre 2009

"Un armadio pieno di musica e storia"

Carissimo Luigi,

Non ricordo la tua audizione, ahimé, immagino si sia svolta nel clima frenetico di quella giornata in cui ascoltai anche molte cose inaccettabili, e giuro che non tutti furono reclutati per ovviare a carenze di organico. Qualcuno - se davvero indegno - sarebbe stato lasciato fuori anche se avesse suonato il tuba. Se tu entrasti, evidentemente manifestasti qualcosa di buono.

Ovviamente, non potrò essere presente il 25 a meno che l'ATAC non istituisca una linea tra Testaccio ed il Queens.
Perciò mi predispongo ad essere presente per iscritto. Segue comunicato:

Ringrazio te, Luigi, e Silverio con cui nel frattempo ho preso contatto, anche per il riconoscimento che ancora viene dato ad una delle mie più selvagge aberrazioni, quella di trasportare un'esperienza - da me fatta indossando un'uniforme - in un mondo, a dir poco, culturalmente molto distante da quella stessa esperienza. Forse proprio a causa della follia implicita, il progetto ebbe successo e - come sappiamo - un ancor più importante seguito, tant'è che siamo qui a parlarne.

Chi mi conosce da allora sa quanto io fossi ossessivo e pignolo e non si sorprenderà se apro il mio contributo con una precisazione. Il primo arrangiamento provato con la Banda risale al Gennaio del 1977, e dunque gli anni di attività sono trentadue e mezzo, quasi trentatre. Dopo aver saputo delle celebrazioni (svoltesi all'Auditorium di Roma nel 2006) del trentennale dal Laboratorio della Quercia del Tasso (svoltosi nel Giugno 1978), sono diventato sospettoso: si celebrano trentennali in anticipo per paura che qualcuno stiri gli zoccoli prima, e se in ritardo perché mai?
Comunque, auguri a tutta la Banda per i suoi 32 e mezzo.

Il 1977 come qualcuno ricorderà fu un anno particolarmente segnato da eventi e scossoni, e per chi non c'era - o era piccolo - ci sono gli anziani che, se non sono passati al PdL o alla Lega ricordano qualcosa - se no, c'è Wikipedia. 1977, da Febbraio le Università sono quasi tutte occupate. A Bologna si sgombera coi carri armati. Prosperano indiani metropolitani ed autonomi, e prendono forza le BR. Il PCI, che era prossimo a sorpassare la DC nel 1975, si è attestato su percentuali più modeste. La P2 di Licio Gelli trama nell'ombra. Il ministro dell'Interno Cossiga in Marzo vara un decreto legge che vieta gli assembramenti pubblici di tre o più persone.
In questo quadretto, ma senza nessun apparente collegamento ad esso, nasce la Banda. Vi risparmio la cronistoria delle sue prime uscite, ma si sappia che - vigente il divieto di assembramento - noi facevamo istruzione formale a fianco del Mattatoio usando un megafono con su scritto Potere Operaio, e le volanti di passaggio erano completamente disorientate alla nostra vista. E così quando sfilavamo per le strade tra due ali di folla ululante, invece  di arrestarci o disperderci, ci scortavano...

Veniamo al tema specifico, la scrittura. Al tempo della fondazione della Banda, non esisteva neppure una carta squadrata apposta per l'organico che, come si ricorderà, comprendeva anche una ventina di flauti dolci. Credo che l'antropologo culturale di turno, trovandosi tra un paio di secoli - non conoscendo l'antefatto - ad esaminare le prime partiture della Banda, concluderebbe che nella musica tradizionale dell'Italia del XX secolo:

1) Le tonalità usate fossero prevalentemente DO e FA e le loro relative minori;
2) L'uso del cromatismo fosse vietato da norme ecclesiastiche;
3) Non si conosceva ancora l'invenzione del clarinetto né del tuba.

Ricordo bene che sfoggiavo due calli sulla mano destra, uno nella parte sinistra del dito medio ed uno nella parte destra dell'indice: tali calli erano esplementari e formavano un perfetto esagono, 'ché quella era la foggia delle matite. Calli identici venivano sfoggiati dai copisti volontari.

E' utile notare che ogni nota veniva scritta su partutura dopo accurate valutazioni: sarà la sezione in grado di suonarla? E se no, quanto dovranno studiarla? C'è un punto naturale di inefficienza - come il SOL reale dei clarinetti - o passa liscia?
Infine c'erano le prove, dove molte domande trovavano risposta. E, come succedeva ai vecchi tempi, si svelava il mistero per la prima volta.

Oggi ogni nota viene simulata via software, e dunque chi scrive sa bene quale sia il risultato da perseguire in una prova. E' vero, l'orchestratore che scrive per un preciso organico deve ancora porsi il problema dell'eseguibilità, ma ha comunque della partitura una visione - o meglio un'audizione - che precede la prova stessa.

Senza dubbio il processo è cambiato, e non poco. Oltretutto, direi che le parti sono più facilmente leggibili di un tempo...

Il "Testaccio Sound", a quanto ricordo, era un'espressione che raccoglieva una serie di caratteristiche, oggi forse estinte...

Un forte ricorso agli unisoni o alle ottave in certe esperienze del Laboratorio;
Un singolare campionario di diapason diversi;
Una ridondanza di percussioni;
In casi estremi, l'allegro libero e casuale incrociarsi di punti diversi delle composizioni: ad esempio, mentre una sezione ripeteva diligentemente la strofa, un'intera altra sezione si cimentava già plebiscitariamente col ritornello;
Ma immagino e spero questa sia acqua passata...

Detto ciò, vorrei fare due ringraziamenti:

Il primo, a chi ha fatto propria per tutti questi anni l'esperienza della Banda, e parlo sia di quelli che se ne sono assunti il peso dopo di me, in particolare Silverio Cortesi, sia di quelli che ne hanno continuato a far parte o si sono aggregati in seguito.
Come potrebbe sopravvivere un'esperienza simile, se non grazie ad un incomparabile entusiasmo alla capacità di convivere tra bravi e principianti? La Banda è in sé un luogo dove si esercita generosità, dove ciascuno diventa mentore del meno esperto, un luogo a cui è fondamentale accedere con umiltà e senso comunitario. E' un po' una scuola di vita. Chi ne fa parte, e chi si fa carico di nutrirla con nuova musica, ha una missione e in qualche modo sa che non è un luogo di passaggio.

Il secondo ringraziamento è personale e vorrei farlo a chi, con regolarità, mi rende partecipe delle attività della Banda stessa, come succede oggi, e mi consente di dire la mia riconoscendomi un ruolo, quello di averla fondata. Avevo ventun anni quando lo feci ed ero anche un po' incosciente. Se da un lato è buffo essere qua e la menzionato come una specie di padre fondatore con la barba bianca che chissà su quale montagna è andato a praticare l'ascetismo, dall'altro è bello in assoluto - per chiunque, credo - che il proprio lavoro, anche a distanza di decenni, venga ancora considerato il proprio lavoro, anche se ormai è solo una parte minuscola di ciò che è stato fatto negli anni da altri, con sempre maggiore costanza e passione.

Ed ora come in ogni discorso ci vuole la sparata finale:

In un momento in cui la sopraffazione, lo scippo ideologico, l'appropriazione indebita di idee (e di mp3), l'autoattribuzione di candidature al Nobel, e altre oscenità - la fanno da padroni nel pubblico e nel privato, il fatto stesso che questa Banda esista, e che dia prova di generosità - anche attraverso il passaggio di partiture alla Scuola di Musica - testimonia una disciplina etica che le è propria. Si distacca dagli opportunismi, dalle mistificazioni sonore, dalle prese di potere che oscurano la libertà insita nel fare musica, e si pone come ogni entità musicale dovrebbe: un magnifico miscuglio di orgoglio, dedizione e umiltà.

Con molti auguri, prolissamente vostro.

Tommaso Vittorini (25 ottobre 2009)