Interview with Stefano Pogelli and Marco Tiso (starting '80)
A casa di Giulio Quadrino, con Stefano Pogelli, Marco Tiso, Gianna Sbordoni, Raffaele Cassa e Franca Renzini
Si comincia a parlare delle esperienze delle diverse Bande, perché sia Marco che Stefano sono a Scuola da sempre e hanno partecipato in vario modo alle diverse edizioni della Banda; la prima con Vittorini nel 1977 ("La Banda coi flauti dolci"), la seconda diretta da Scialdone nel 79 o nell'80 ("La Banda Laboratorio"), la terza ancora con Vittorini nel 1981 ("La Banda FADIM").
Della Banda diretta da Scialdone si conosce veramente poco. Scialdone dirigeva allora il Coro della Scuola insieme a Massimo Di Pinto, la sua Banda fu essenzialmente un "laboratorio" interno alla Scuola e non suonò mai fuori della Scuola, se si eccettua una volta a Villa Torlonia.
- Marco
- Io in quel periodo studiavo a Scuola con Mauro Cardi (79-80?) e feci un pezzo mio per la Banda, c'era un organico molto ridotto ed era Scialdone che lo dirigeva, e in quella occasione ho ancora il ricordo del Maestro Pogelli che leggeva col sax alto una parte di tenore, annusando le note; era una prestazione meravigliosa e lui disse che non trasportava ma pensava di suonare il flauto dolce, una spiegazione "veramente assurda"...
- Stefano
- Io Scialdone lo incontravo al Conservatorio..., a Testaccio lo portò Peppe Mancini. Nella Banda FADIM invece suonavo l'oboe.
- Marco
- Io ho suonato i piatti in quella Banda.
- Stefano
- La Banda FADIM, nominalmente era aperta a tutti gli iscritti alla Scuole di Musica FADIM, (Donna Olimpia, Saint Louis, LAB II, Primavalle (Victor Jara), Gianni Bosio, Alessandrina), le prove però si facevano a Testaccio il mercoledì sera; in sostanza però la Banda era di Scuola, quello che cambiava era che Vittorini era pagato dalla FADIM e che la Banda doveva avere un compito di rappresentanza per la Federazione, che però vivacchiò. Quindi io in quella Banda suonavo l'oboe e per me era il primo anno di Conservatorio e tu (rivolgendosi a Marco) hai scritto i pezzi di Ravel per quella Banda.
- Marco
- Esatto, infatti la prima cosa che io ho fatto per la Banda è stata la strumentazione dei due pezzi di Ravel da Ma Mere l'Oye; andai a casa di Tommaso per fargli vedere se erano eseguibili; lui disse che andavano bene.
Esaurita questa parentesi sulle edizioni precedenti si comincia a parlare della Banda diretta da Marco e Stefano, e della quale hanno fatto parte anche sia Giulio che Raffaele.
- Giulio
- Chi ha avuto l'idea di riprendere la Banda dopo la l'esperienza con Vittorini e quando?
- Stefano
- Secondo me è cominciata nell'inverno del 1981, a ottobre-novembre del 1981.
- Marco
- Come l'ha lasciata Vittorini l'abbiamo ripresa noi.
- Giulio
- Io ricordo che venni alle prime prove e si cominciò con i pezzi che si facevano prima. Io ero già iscritto a Scuola ma non c'era ancora la Banda e appena si ricostituì io ne feci parte.
- Marco
- Evidentemente c'è stato un piccolo periodo di interregno in cui non si sapeva che cosa succedeva e poi abbiamo iniziato.
- Raffaele
- E a voi come è venuto in mente?
- Stefano
- Ce lo chiesero.
- Marco
- Ce lo chiesero a tutti e due.
- Stefano
- Ce lo chiese Comitato di gestione della Scuola, bisognerebbe andare a vedere chi c'era in quell'epoca; tu (rivolgendosi a Marco) facevi già arrangiamento da parecchio tempo e hai avuto anche un laboratorio orchestra. Io avevo già fatto degli arrangiamenti per l'Orchestra da Ballo.
- Marco
- Anch'io avevo fatto delle cose per l'Orchestra da Ballo, e quindi eravamo i "maggiori indiziati".
- Giulio
- Della parte organizzativa chi se ne era occupato (chiamare i bandisti, organizzare le prove ecc.)?
- Marco
- Non è stato complicato la gente già c'era, non c'è stato problema di organico. La Banda era organizzata ovviamente in maniera non tradizionale, ossia senza flicorni.
- Giulio
- I pezzi quindi li avete preparati dopo?
- Marco
- Si piano, piano; in ogni caso avevamo il repertorio di Tommaso, che non era poco, e che era scritto in maniera magistrale.
- Giulio
- Ma voi eravate pronti per questo impegno?
- Stefano
- Noi non avevamo avuto altre esperienze del genere se si eccettuano gli arrangiamenti per l'Orchestra da Ballo, che forse erano anche degli arrangiamenti per burla e che però funzionavano ...
- Raffaele
- Quindi per voi era anche un tirocinio?
- Marco
- Per me è stata veramente un'esperienza fondamentale dal punto di vista tecnico, perché ho trascritto un sacco di cose dai dischi per poi riportarle per la Banda, poi pian piano ho cominciato a fare cose più complesse.
- Stefano
- Forse il fatto di farla in due era anche derivato da questa mancanza di esperienza, per cui ci aiutavamo a vicenda e anche per garantire una parte più jazzistica e una parte più classica.
- Giulio
- Come eravate organizzati?
- Stefano
- Io facevo più trascrizioni sinfoniche e lui faceva arrangiamenti.
- Marco
- Arrangiamenti profani, cose tipicamente bandistiche come le marce di Sousa, oppure musica da film, in ogni caso un repertorio non classico e in ogni caso tirato giù dai dischi. Anche perché per le marce di Sousa, ad esempio, ci sono delle versioni per pianoforte; di West Side Story c'è una versione stampata ma piuttosto lacunosa, per cui le introduzioni o alcune parti armoniche le devi sentire dalla versione originale. In altri casi come per Fellini 8 e mezzo e La Strada, sono trascritte nota per nota e poi adattate all'organico della Banda.
- In quella occasione ho avuto modo di notare la grandezza di Nino Rota,ad esempio la scelta degli strumenti(anche se sembra che la strumentazione della marcia di 8 e mezzo l'abbia fatta Roberto Pregadio) .Comunque è fatta in maniera magistrale. Probabilmente sono tutte cose che Rota annotava sulla parte guida in do; però ogni strumento suona nella sua tonalità più adatta; quando è in mi minore suonano i flauti, non certo i sassofoni, poi il crescendo ed il pieno orchestrale è per aggiunta e viene fatto in maniera deliziosa.
- Comunque abbiamo eseguito anche musica di Wagner e Mahler.
- Giulio
- All'inizio si svolgeva come un laboratorio, o aveva già delle pretese maggiori?
- Marco
- Per un lungo tempo non ci siamo esibiti, mi sembra che la prima volta che siamo usciti con la nostra conduzione siamo andati a S.Lorenzo.
- Raffaele
- I bandisti erano tutti studenti della Scuola o ce ne erano anche da fuori?
- Marco
- Era rimasta una cosa a partecipazione libera, molti erano studenti della Scuola, molti venivano solo alla Banda, da dentro o da fuori; era rimasta una cosa a statuto speciale, come la "Val d'Aosta.".
- Giulio
- La vostra banda nell'inverno preparò il repertorio, facendo anche pezzi nuovi?
- Stefano
- Sì, il primo pezzo che feci fu la Marcia di Radetsky.
- Giulio
- La Banda durò dall'autunno dell'81 a...
- Stefano
- ... alla primavera dell'84
- Marco
- Forse siamo arrivati fino a giugno
- Giulio
- L'anno precedente si era suonato tanto, andammo anche un paio di volte fuori.
- Marco
- A Lubriano, con l'autista pazzo.
- Stefano
- Siamo arrivati fino a Grosseto, a Cecina e a Livorno al Festival dell'Unità di Livorno.
- Giulio
- Facemmo molti concerti quell'estate, ed erano anche concerti pagati, perché ricordo che Vincenzo Russo faceva da tesoriere; come fu questo passaggio?
- Stefano
- Mi correggo. La Banda nell'84 ancora lavorava, e forse è finita non nell'84, ma nell'85, a Pasqua dell'85; i concerti al Pincio furono a settembre dell'83 ma il Carnevale a Trinità dei Monti era quello del 1984
- Giulio
- Come avvenivano i contatti per i concerti?
- Marco
- O ci sentivano o telefonavano a Scuola per avere una un organico del nostro tipo, poi la notizia si sparse, era la classica cosa che più fai e più hai possibilità; ti fai conoscere come una iniziativa simpatica, un po' fuori dal normale.
- Raffaele
- Chi si occupava dell'aspetto organizzativo?
- Marco
- Credo che se ne occupasse la Scuola.
Stefano ricorda che all'inizio della Banda nell'autunno del 1981, era impegnato oltre che nella Banda nel primo anno di Conservatorio, nei concerti dell'orchestra da Ballo al Teatro Circo Spaziozero, e nel Messia di Handel col coro del CIMA.
Marco ricorda che faceva il militare a Roma ed era anche per lui il primo anno del Conservatorio e nota quindi che l'essere in due alla direzione era fatale.
- Giulio
- Ma andavate d'accordo?
- Marco
- Direi di sì
- Stefano
- Ognuno lavorava sulle cose sue, il tempo era diviso, ma dipendeva da quello che c'era da fare, se c'erano pezzi nuovi...
- Giulio
- Le parti chi le copiava?
- Marco
- Noi, e poi le fotocopiavamo a Scuola
- Giulio
- Eravate pagati?
- Marco
- Sì eravamo pagati un forfait, che comprendeva sia fare gli arrangiamenti, sia copiarli. Gli arrangiamenti dovevamo farli per forza perché non c'era materiale.
- Stefano
- Vittorini aveva lasciato 6-7 pezzi.
- Marco
- Erano belli, ma anche per fare qualcosa di diverso ci mettemmo a lavorare per farne di nuovi. Il compenso era omnicomprensivo ma non mi sono mai sentito sfruttato, perché mi divertivo come un pazzo, facevo una cosa che mi piaceva.
- Raffaele
- Che ricordo ha dei brani arrangiati da Vittorini?
- Marco
- Sono scritti in maniera semplice ma efficace, poche linee ma col peso giusto, che è un po' il segreto della Banda, quello che sono in tanti sulla stessa nota, così da una parte assorbi l'inevitabile stonazione che fa parte del "Testaccio sound" e dall'altra parte funziona in quasi tutte le condizioni di organico. Un pezzo che è stupefacente in questo senso è "Bess you is my woman now".
- Raffaele
- L'arrangiamento di Chega de Saudade l'hai scritto tu o Tommaso?
- Marco
- No Chega l'ha scritto Tommaso, così così come El trio el Ciclon, La Banda, Whashington Post, Vecchia Marcia d'ordinanza, Festa delle Rocce.
- Raffaele
- Quali erano i capisaldi dell'organico?
- Marco
- I capisaldi erano Aurelio (Tontini) e Silverio(Cortesi) alle trombe, Checco (Marini), Ciccio (Stefano Arduini) e Torquato(Sdrucia) ai sassofoni e il fido Lo Turco (Vincenzo Russo) al baritono azzurro; ai clarinetti Cristina (Mainero) e Zaza (Aldo).
- Giulio
- Come si entrava in Banda?
- Marco
- Si entrava..., c'era un'audizione ma era più che altro pro forma.
- L'organico era abbastanza equilibrato, la gente veniva, era fedele, solo i tromboni erano pochi; sono passati in molti per la Banda (Alfredo Posillipo, Orietta Priore, Roberta Morellini, Teodorico Zurlo di Formia, Alberto Giuliani) ma si sono alternati durante la storia della Banda.
- Le cose funzionavano che nelle sezioni serviva una prima parte ed una seconda sdoppiata per le trombe, una prima parte ed una seconda sdoppiata per i tromboni, lo stesso per i sassofoni ad esempio gli alti, un primo ed un secondo che a volte era sdoppiato, e lo stesso per i tenori. In realtà la Banda si poteva fare anche con tre persone a sezione, e i clarinetti più ce ne stavano e meglio era, anzi più sono e più sono intonati. Di sax alti ce n'erano tanti: c'era Giuppi (Paone), Margherita (Pace), Checco; c'era Giulia(Pirandello) col piccolo in Mib, Mortillaro al corno (poi venne anche Marco Cherini). Le prime parti erano tutte molto brave o in procinto di diventarlo.
- Stefano
- A quel punto c'era un Comitato di gestione della Banda, ricordo una riunione nel giardino di casa mia.
- Giulio
- Nei concerti pagati i soldi venivano distribuiti subito?
- Stefano
- Sì, necessità di un fondo cassa non c'era a quell'epoca.
- Marco
- Non c'erano spese, i maestri venivano pagati dalla Scuola, non avevamo spese di affitto, non so se abbiamo mai comprato strumenti, non mi pare.
- Giulio
- Cosa faceva quindi il Comitato di gestione?
- Stefano
- Si parlava dei progetti, della promozione, se chiedere soldi e quanto.
Giulio ricorda il depliant della Banda con la foto del Pincio.
- Marco
- Sì ma fu fatto con i soldi della Scuola, in ogni caso la Banda e la Scuola erano allora due cose coincidenti.
Fu quello un periodo molto intenso pieno di idee, di voglia di fare e di concerti, ma, come è noto, ad un certo più tutto questo meccanismo si inceppò. Abbiamo cercato di capire il perché e ci sembra che dalle testimonianze di Marco e Stefano esca abbastanza bene il quadro particolare, anche nella storia di vita dei direttori e dei bandisti, che ha portato all'esaurimento dell'esperienza.
- Raffaele
- Quando è che nacquero i problemi?
- Marco
- I problemi furono una mancanza di frequenza, di regolarità, ci fu un periodo di sbracamento generale, una fase di stanca.
- Stefano
- La Banda è andata avanti abbastanza sostenuta fino a tutta l'estate del 1984: in quell'estate si lavorò tantissimo, poi l'inverno 84-85 partì subito zoppicante. Io feci un po' di analisi su questa cosa e me la presi un pochino con Vincenzo perché avevamo fissato una data entro la quale la Banda non doveva prendere impegni (mi sembra entro 15 luglio), poi sull'onda dell'entusiasmo e dell'arrivo di tante richieste si fecero molte più cose. Dovemmo riempire un sacco di buchi; cominciarono a mancare Ciccio, Checco, allora chiamavamo Carlo Schneider, una volta siamo andati a suonare in un paesino del Lazio, Marco non c'era e ho diretto tutto io, e poi a ottobre quando siamo ripartiti c'era una aria di leggero sbandamento, mancavano parti, mancavano voci, un crollo di qualità, un sacco di prime parti non venivano più, perché ormai già lavoravano.
- Raffaele
- Fu dopo l'esperienza con Giovanna nel "Regalo dell'Imperatore" che coinvolse buona parte della Banda?
L'esperienza della tournee con Giovanna Marini fu un momento importante per molti componenti della Banda. Lo spettacolo era concepito per "Coro e Fanfara" e nella fanfara c'erano moltissimi bandisti. L'opera fu eseguita in moltissime città della Francia e per un mese fu replicata a Parigi al Bouffes de Nord.
- Stefano
- Fu esattamente l'anno dopo. Quello per molti, anche per me, fu il primo lavoro professionale. Fu anche un problema di incomprensione, eravamo un gruppo di persone che era cresciuto insieme; poi quando alcune persone incominciarono a lavorare, alcuni impegni collettivi diventavano quasi facoltativi.
- Marco
- Ci siamo trovati davanti ad un periodo di crisi di crescita dei singoli personaggi di un certo livello, per cui essendo nati tutti insieme, anche la crisi è venuta per tutti insieme; il passaggio tra la fase del giovane che vuole fare il professionista e il momento che ci sta riuscendo è avvenuto per tutti nello stesso momento, per cui era difficile pretendere per tutti lo stesso impegno.
- Io lo sto vedendo adesso che sono anni che faccio questo mestiere, e so che compattare le persone su un progetto di lavoro è difficilissimo anche per lavoro pagato, mettere insieme più di 5 persone per un impegno di lavoro è difficile comunque, figuriamoci 20, o 30 o 50.
- Stefano
- Eravamo sui 27-28 anni, e infatti la crisi arrivò per tutti intorno ai 30 anni, gli anni in cui alcuni di noi sono andati ad abitare per conto loro o si sono sposati o hanno fatto figli
- Marco
- C'era una omogeneità tra noi due e quelli che ricoprivano le prime parti e che erano cresciuti insieme a noi.
- Stefano
- La Banda nostra è stato l'ultimo gioco che abbiamo fatto, la botta ce l'ha data Giovanna, perché per parecchi di noi il primo lavoro serio della nostra vita l'abbiamo fatto con lei; tutti noi tornati da Parigi abbiamo cominciato a lavorare a mantenerci.
- Non fu un bel periodo, interrompemmo per un mese, facemmo poi delle prove di sezione, dei provini a gente...
- Marco
- Poi io in quel periodo pensavo ad altre cose, per cui non mi ci sono incaponito a tentare di rimettere in carreggiata.
- Stefano
- Finì tutto a Pasqua del 1985. Mancavano le prime parti; poi si erano scritte cose abbastanza impegnative per il livello cui eravamo.
Bruno Caracciolo, 22 gennaio 1995