Entretien avec Raffaela Brambilla
Intervista di Beatrice Monacelli a Raffaela Brambilla
- Quando sei entrata in banda: motivi e ricordi.
- Sono arrivata in Banda nel dicembre 1990, spinta dal mio insegnante di sassofono dell'epoca che sosteneva che era giunto il momento di suonare insieme a qualcun altro oltre che a casa da sola. Studiavo il sassofono da tre anni.
- Ricordi le tue prime prove in banda?
- Ero molto colpita dalla moltitudine di gente diversa che gravitava intorno alla Banda o che ne faceva parte attiva; mi sembrava incredibile che il comune denominatore fosse il fatto di suonare uno strumento. Provengo da una famiglia con poco feeling musicale e, a 16 anni, ho deciso di iniziare a studiare il sassofono un po' per gioco e un po' per curiosità. Mi sembrava incredibile di entrare a far parte di una realtà musicale così eterogenea e variopinta come la Banda. Per anni ho vissuto la Banda come un sogno, soprattutto all'inizio quando tecnicamente mi sembrava di non meritare di essere dentro il gruppo e così andavo a lezione e chiedevo di studiare i pezzi della Banda; per molte settimane ho portato a lezione "Chega de Saudade".
- Ricordi il tuo primo concerto?
- Sì, me lo ricordo. Siamo andati a suonare alla manifestazione contro la guerra nel Golfo, era il 16 gennaio 1991 e, alla prova prima del concerto, Silverio rifletteva sull'opportunità o meno di suonare in quell'occasione "America" di Bernstein, qualcuno diceva di sì e qualcuno di no e Silverio allora chiese a chi era per il sì "perché sì?" e a chi era per il no "perché no?". Io mi ricordo che pensavo "...e se suonassimo un altro pezzo?"; un po' era l'ingenuità dei miei 19 anni scarsi e un po' la guerra mi sembrava una realtà così lontana che non potevo credere che ci sarebbe stata davvero.
- Hai un ricordo particolare della tua esperienza in banda?
- Di ricordi legati alla Banda ne ho moltissimi, d'altro canto di cose in quindici anni ne succedono tante. Un ricordo molto nitido che ho è il viaggio a Chambery, nell'aprile del 1994. Era la prima volta che ci invitavano all'estero e a me sembrava incredibile che volessero proprio noi. Tutti noi eravamo euforici e ricordo che, una volta lì, andavamo in giro per la città e ci fotografavamo vicino ai manifesti che pubblicizzavano i nostri concerti!
- Quando e perché sei entrata nel direttivo?
- Sono entrata nel direttivo nel febbraio 1997; mi sembrava doveroso fare per la Banda qualcosa di più di quello che già facevo, ossia suonare, o forse mi sentivo in colpa per le mie scarse abilità tecniche dell'epoca (non che adesso io sia una brillante solista ma almeno diesis e bemolli cerco di metterli tutti!). La Banda è sempre stata molto aperta rispetto a certe tematiche: l'ingresso dei giovani nel direttivo è sempre stato non solo ben accetto ma, anzi, molto stimolato e l'eterogeneità dei bandisti stessi ha sempre fatto sì che il direttivo fosse l'equilibrio fra l'esperienza dei "saggi" e l'entusiasmo dei giovani.
- Racconta qualcosa della tua esperienza nel direttivo.
- Sono stata diversi anni nel direttivo e ciò che mi ricordo sono le serate passate a discutere di tanti, tanti aspetti che sembrano avere poco a che fare con la nostra musica o con i concerti e che invece fanno comunque parte della nostra attività. Come ben sanno tutti coloro che sono transitati per il direttivo, gli aspetti pratici da considerare sono molti e spesso diversi, essendo legati a situazioni specifiche.
- La buona abitudine che il direttivo ha sempre avuto è quella di incontrarsi davanti ad un piatto di qualcosa di buono: si sa, a stomaco pieno si ragiona meglio. Una volta fummo invitati a fare il direttivo a pranzo a casa di Pierino Lamarra: la signora Silvana, la moglie di Pierino, preparò un pranzo pantagruelico comprensivo anche di coratella! Che bontà e, soprattutto, che mangiata... (grazie Silvana!)
- Come mai sei diventata presidente?
- Giulio dopo qualcosa come quindici anni di presidenza aveva deciso di lasciare, voleva dedicarsi di più alle questioni musicali e di meno a quelle organizzative. Giulio per la Banda ha fatto moltissimo e nessuno di noi se la sentiva di raccogliere la sua eredità probabilmente perché inconsciamente ciascuno di noi si sentiva inadeguato dopo un presidente così attivo e carismatico. Nel 1998 abbiamo convinto Giulio a fare il presidente ancora per un anno perché, come direttivo, volevamo avere ancora un po' di tempo per decidere come affrontare questo cambiamento che spaventava tutti. Non ricordo esattamente come sia andata ma, dopo un anno di lunghe discussioni, nel 1999 sono stata eletta presidente della Banda. Come ho più volte raccontato, da quel momento ho iniziato un "corso di formazione" da presidente tutti i sabati all'ora del th è a casa di Giulio.
- Racconta la tua esperienza di presidente.
- Come ho già detto, l'eredità era ricca e pesante ma, col senno del poi, posso dire che l'insegnamento che ne ho ricevuto è stato grandissimo. Innanzitutto, ho capito che per fare qualcosa, qualunque cosa, è necessaria la volontà ma da sola non basta, serve anche il tempo; inoltre, ho capito che i cambiamenti vanno metabolizzati e non basta averne una visione analitica. L'essere umano è tendenzialmente abitudinario e un cambiamento costa fatica, figuriamoci se il cambiamento deve essere assorbito da una intera banda! Giulio si occupava di moltissime cose pratiche; io non ce la potevo fare a mantenere la stessa quantità di impegni e questa era una delle poche perplessità che avevo avanzato in precedenza riguardo alla mia candidatura a presidente. Nonostante ne avessimo parlato molto nelle riunioni del direttivo, nessuno di noi era pronto alla ripartizione dei compiti per cui io mi barcamenavo, con fatica, fra il lavoro per la Banda e la mia vita personale. Tra l'altro mi ero da poco laureata ed ero all'inizio della mia vita lavorativa. Dopo qualche mese di rodaggio, ero riuscita a conciliare i miei due lavori part-time con l'impegno da presidente della Banda. Questo equilibrio molto precario è rovinosamente crollato proprio quando professionalmente ho trovato un impiego confacente al mio percorso formativo: il nuovo lavoro, bellissimo, interessantissimo e quant'altro, prevedeva per la metà del tempo speso in trasferta in giro per l'Italia o, qualche volta, per l'Europa. Inoltre, le trasferte erano pianificate di mese in mese e svolte su base settimanale per cui di fatto non era realizzabile l'ipotesi di delegare qualcuno a fare le veci del presidente una settimana sì e una settimana no. Questa particolarità lo rendeva assolutamente inconciliabile con l'attività di presidente, in un'epoca in cui i cellulari erano ancora poco diffusi. Nel febbraio del 2000, alla naturale scadenza del mandato, non mi sono ricandidata a presidente.
- Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
- Nel febbraio 2000, dopo aver lasciato la presidenza ed essere stata per diversi anni nel direttivo, improvvisamente sono tornata ad essere solo una strumentista della banda. A dire il vero, nei primi anni di valigie preparate e disfatte al ritmo sostenuto imposto dal lavoro, non mi sono mai fermata a pensarci; quando ci ho riflettuto erano già passati un po' di anni, mi ero già assuefatta a questa "nuova" situazione tanto da vedere il passato lontano e anche un po' sfocato. Adesso però so esattamente cosa c'è dietro ogni piccola attività della Banda e quanto merito va a tutti coloro che si occupano di tutte le questioni correlate con la Banda. A volte penso che partecipare al direttivo dovrebbe fare parte della formazione di ciascun bandista; solo così ci si può rendere conto di quanto lavoro occorre per ogni concerto e non solo.
- Non appena sono tornata a godermi solo l'aspetto musicale della Banda, ho improvvisamente avuto molta voglia di suonare ma, si sa, il sassofono non va troppo d'accordo con i viaggi, specie di lavoro, per cui, dopo aver speso qualche mese alla ricerca di una soluzione, ho acquistato un flauto traverso. Grazie anche ad un fortunato incontro con una bravissima insegnante e strumentista, studio da più di cinque anni con molto impegno e passione e soprattutto il mio flauto è diventato il fido compagno di tante serate solitarie in alberghi sparsi qua e là, da Helsinki a Isernia, da Palma de Mallorca a Latina. Una volta, in occasione della registrazione del disco "Il fischio del vapore" di Francesco De Gregori e Giovanna Marini, mi sono fatta inviare da Silverio la parte via fax in albergo ad Alghero: tutti gli ospiti di quei giorni adesso conoscono a memoria la mia parte di "O Venezia"! Sento molto forte il legame con la Banda anche quando sono via.
- Per me l'esperienza in Banda è stata molto formativa e continua ad esserlo, sono arrivata in Banda giovanissima e ci sono cresciuta dentro. Nella mia vita molte cose sono cambiate (case, lavori, strumenti) ma la Banda è sempre rimasta, anche se talvolta con qualche nube passeggera. In fondo, se dopo quindici anni il giovedì sera mi sembra che niente valga la pena di perdere una prova di Banda, è perché credo che tante belle esperienze, occasioni, concerti, etc. etc. debbano ancora venire!
- Pensieri e riflessioni
- Dopo quindici anni non posso accontentarmi di scrivere solo quello che ho raccontato fin qui; ora che ho cominciato a srotolare il gomitolo dei ricordi non posso più fermarmi.
- Negli anni ci sono persone e avvenimenti che ho vissuto in modo speciale e non posso fare a meno di condividere questi pensieri.
- La Banda è un microcosmo eterogeneo, è un'entità dotata di vita propria e non sempre gli avvenimenti vanno nella direzione prevista; talvolta, accadono cose che non avresti mai immaginato: una fra tutte il viaggio in Israele. Sì, "viaggio" e non solo concerti perché se da una parte non posso descrivere cosa abbia significato suonare a Gerusalemme dall'altra i giorni trascorsi lì non sono stati solo quello. Sono stati un vero viaggio nel senso di esplorazione e conoscenza di luoghi, persone, musica, emozioni. In quel periodo ero presidente anche se il progetto era stato messo in piedi da Giulio con il precedente direttivo, per cui ho vissuto anche il lato pratico dell'esperienza e non solo la dimensione fantastica ed estatica dell'avvenimento. Come sempre accade, le cose pratiche sono meno divertenti delle note o delle passeggiate al mercato o di un panino con i falafel ma, ancora adesso, mi sembra di sentire il profumo del mercato con tutto il bagaglio di emozioni che questo mi evoca... Oggi come oggi, la cosa che mi fa più male è vedere quelle terre e quelle persone dilaniate dal conflitto.
- Un pensiero speciale è per Pierino Lamarra, storico bandista nonché Presidente "ad honorem", che da qualche anno ci segue con il cuore e ogni tanto lo vediamo tra il pubblico dei nostri concerti. Pierino è sempre stato un entusiasta della Banda e tutti noi che siamo in Banda da tempo ci ricordiamo le sue rime improvvisate: con grande abilità poteva andare avanti tutta la serata componendo a braccio rime "su misura" per ogni occasione!
- Lasciatemi concludere con una dichiarazione di stima ed affetto per Silverio, del quale sono sempre stata un'ammiratrice per niente segreta, ed un grazie alla Banda per il regalo speciale che mi ha fatto!
Beatrice Monacelli - 2005